Lovecraft a fumetti: “Le montagne della follia”, la recensione

Titolo: Le montagne della follia
Autori: H. P. Lovecraft (racconto), I. N. J. Culbard (sceneggiatura e disegni)
Editore: Magic Press Edizioni
Formato: 17×24 cm, brossurato, 128 pagine
Prezzo: 15 euro

Nell’ambito degli adattamenti fumettistici si potrebbe affermare che esiste una legge non scritta: adattare Lovecraft a fumetti è sempre assolutamente difficile, ma se adattare i cosiddetti racconti minori può essere semplicemente molto molto problematico e complicato, trasporre i capolavori della sua narrativa è addirittura un’impresa ardua e financo praticamente impossibile.

Questo almeno finora.

È storia di pochi mesi fa il mio incontro con la graphic novel che vi sto per presentare: la scorgo fra le uscite presso uno stand del Cartoomics di Milano.

Le montagne della follia

Per motivi miei resto – nonostante un’attrazione immediata e una certa attivazione dell’istinto di caccia – un pochino scettico. Non la acquisto subito. Mi riprometto però di considerarla meglio e magari comprarla una volta tornato a casa. Passa qualche settimana: la ri-osservo in una libreria cittadina. Finalmente il momento arriva, mi decido ad ordinarla, la prendo e mi accingo alla lettura dell’albo.

Le montagne della follia

E precipito nei frenetici preparativi della spedizione della Miskatonic University guidata dal professor Dyer e diretta alla scoperta delle meraviglie scientifiche dell’Antartide e – incidentalmente – delle Montagne della Follia.

Le montagne della follia

La lettura risulta appassionante, immersiva, totalmente coinvolgente – più della maggior parte dei prodotti che mi è capitato di provare da molto, moltissimo tempo. Mi rendo conto: probabilmente si tratta del più sconvolgente, intrigante, inquietante adattamento/opera ispirata al lavoro di Lovecraft dai tempi di Alberto Breccia. Neonomicon? Dimentichiamocene ancora prima di parlare, per cortesia.

Le montagne della follia

Così la lettura procede: per una volta il procedimento di trasposizione dalla carta stampata alla letteratura disegnata è assolutamente perfetto. Non solo le parole di Lovecraft riecheggiano vivide attraverso le didascalie e le battute dei personaggi in modo potentissimo calcando l’interesse e l’interpretazione del racconto giustappunto sui nodi sostanziali della poetica e dell’ideologia del Maestro (pur nei necessari procedimenti di sintesi del medium fumettistico), ma – fatto ancora più importante – l’abilità dell’autore nello strutturare e ri-strutturare la materia originaria per la versione comic book è assolutamente ammirevole.

Le scene del racconto originale vengono di volta in volta riassunte, orientate, sviluppate con un’efficacia che si avvale in modo importante dell’autorialità dello sceneggiatore, che è anche il disegnatore e che pertanto sfrutta nel modo migliore possibile la sinergia parole-disegno per ottenere la massima suggestione nel racconto.

Fedeltà assoluta, questa la parola chiave per interpretare l’opera fumettistica, e anche l’unica piccola deviazione che Culbard si permette è comunque pienamente condivisibile in quanto acuisce i collegamenti sottesi che sussistono con il resto dei miti di Cthulhu e che hanno la funzione di rendere pienamente significante il racconto fumettistico in esame. Il fatto che Dyer abbia avuto contatti con l’aborrito e famigerato Necronomicon nel corso della sua vita viene sottolineato forse eccessivamente rispetto alla fonte, ma c’è una ragione ed è appunto che tale contatto ha la funzione di rendere più attivo in ambito diegetico il narratore che diventa maggiormente conscio di quanto sta sperimentando grazie appunto alle proprie conoscenze pregresse, anche a costo magari di un minore scetticismo e di un minore scientismo in rapporto all’oltre-naturale come accadeva in buona parte del racconto originale.

Le montagne della follia

L’adozione nel campo del disegno di un tratto fortemente ispirato alla linea chiara francese e di una serie di inquadrature e di layout estremamente espressivi e dal taglio cinematografico è uno dei punti di forza dell’apparato grafico, parallelamente alla scelta di utilizzare colori netti e precisi, per quanto attinenti soprattutto – per ovvi motivi – alla sfera del bianco, del blu, dell’azzurro, oltre a tutta la gamma dei colori cupi per gli ambienti sotterranei.

L’impianto narrativo del disegno allora, per quanto non si tratti della scelta più immediatamente facile per un fumetto horror fantascientifico, proprio per questo medesimo motivo assume una valenza colossale, essendo capace di piegare e modellare uno strumento di consueto associato ad altri generi alle peculiari esigenze dell’adattamento lovecraftiano. Tanto più che non solo le ambientazioni nella loro essenzialità sono splendide, e questo soprattutto attraverso alcune doppie splash pages mirabili, quale ad esempio quella che catapulta per la prima volta il lettore nel bel mezzo della misteriosa città sull’altopiano, ma anche lo sono il design delle creature e la soluzione di rendere in un certo modo alcuni fra gli aspetti più graficamente spinosi della narrazione (come ad esempio la resa iconografica dei bassorilievi alieni che – per loro medesima natura – dovrebbero attingere alla sfera dell’Estraneo e del Perturbante e quella dell’aspetto fisico delle Creature stesse, per le quali si corre sempre il rischio di ricadere in una rappresentazione scontata, banale, già vista).

Le montagne della follia

In sintesi, non mi dilungherò oltre in osservazioni lasciando magari un maggiore spazio ad una piccola selezione di vignette tratte dall’opera. L’unica scelta possibile in proposito per il fan lovecraftiano e per il lettore avveduto è secondo me acquistare a scatola chiusa e godersi un’esperienza di viaggio incommensurabile. Sì, di viaggio perché non solo ci troviamo di fronte a un viaggio geografico nelle regioni (allora ma anche adesso) recondite e ignote del profondo Antartico, ma anche ad un viaggio nella letteratura riletta ed affrontata con occhi nuovi. E la notizia presente nelle anticipazioni a fondo volume dell’esistenza di un futuro The Case of Charles Dexter Ward per mano dello stesso autore non può che innalzare gli animi a vette (pari a quelle dello sconosciuto Kadath?) ineguagliate di soddisfazione e speranza per quello che verrà circa la fortuna di Lovecraft a fumetti.

Il fumetto lovecraftiano è finalmente (ri)nato? Secondo me sì. Ma scopriamolo insieme!

Published By: Umberto Sisia

Umberto Sisia (nato nel dicembre 1975) è laureato in lettere classiche presso l’Università degli Studi di Genova. Fra un insegnamento e l’altro in numerosi istituti della provincia di Imperia è costantemente impegnato in onnivore esplorazioni di mondi letterari e fantastici. È appassionato e studioso dei racconti di Lovecraft e molti dei suoi saggi su questo autore sono stati accolti dalle pagine di Studi Lovecraftiani. In particolar modo è autore unico di un’analisi critica dal titolo "Agenti del Caos – Tre racconti di Lovecraft fra innovazione e tradizione", uscito sempre presso la Dagon Press e pubblicato da ilmiolibro.it. È ideatore e curatore del progetto "Lovecraft Black & White", l'artbook di illustrazioni inedite realizzate da disegnatori e illustratori italiani e dedicato all'universo dell'autore statunitense. È appassionato ed esperto in ambito fumettistico e proprio sul fumetto e sulla letteratura di genere ha pubblicato vari interventi critici su Weirdletter.it e su pianetafumetto.blogspot.it. È stato uno degli organizzatori dell'evento di fumetti Liguria in Wonderland ed è nello staff organizzativo di Albissola Comics.

5 thoughts on “Lovecraft a fumetti: “Le montagne della follia”, la recensione

  1. johnj says:

    recensione molto utile e documentata, non pensavo che ci fosse ancora molto da dire su lovecraft a fumetti ma mi sto ricredendo

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