
Sono passati pochi giorni dalla fine del Festival di Sanremo 2025 e, avendolo seguito tutto in diretta, ho deciso di pubblicare qualche post a freddo su questa settantacinquesima edizione. Partiamo dalla serata delle cover e dei duetti, uno dei momenti più attesi dal pubblico: ecco la mia personale classifica.
- Lucio Corsi, Topo Gigio – Nel blu, dipinto di blu (Domenico Modugno – 1958): Sulla carta sembra una boutade satirica, come la versione di Brividi tra Valerio Lundini e Topo Gigio di qualche anno fa. Invece, il duetto di Lucio Corsi non voleva essere né è stato comico, ma un omaggio molto tenero e sentito a questa bellissima canzone e al suo interprete Domenico Modugno, che fu la prima voce di Topo Gigio. Geniale! Il vincitore morale della serata.
- Giorgia, Annalisa – Skyfall (Adele – 2012): Esibizione pazzesca, vittoria scontata. Giorgia è sicuramente una delle più grandi voci della storia della musica italiana, ma quello che colpisce di più è Annalisa. Non solo non ha sfigurato accanto a Giorgia, ma con la sua voce calda e potente ha dimostrato di essere diventata una grande. Con il senno di poi, vederle trionfare insieme in questa serata delle voci è un po’ dolceamaro, dato che Annalisa probabilmente meritava la vittoria lo scorso anno e Giorgia la meritava quest’anno.
- Rose Villain, Chiello – Fiori rosa fiori di pesco (Lucio Battisti – 1970): È arrivata ultima e non è piaciuta a nessuno, né alla sala stampa, né alla radio, né al televoto. Sicuramente è una provocazione metterla terza: sarò controcorrente, ma invece l’ho trovata tra le più riuscite. Chiello ci ha messo una grande energia e Rose Villain era molto espressiva. Incompresi.
- Bresh, Cristiano De André – Creuza de mä (Fabrizio De André – 1984): Versione classica, praticamente uguale all’originale, tanto quanto Cristiano è uguale al padre Fabrizio De André. La terza è la volta buona e finalmente si riesce a sentire una buona versione di questa canzone. Meglio Bresh con Creuza de mä che Olly con Il pescatore.
- Irama, Arisa – Say Something (A Great Big World e Christina Aguilera – 2013): Due voci bellissime e una esibizione molto elegante.


- Rocco Hunt, Clementino – Yes I Know My Way (Pino Daniele – 1981): Bravi e simpatici, una delle cover più riuscite della serata, decisamente meglio della Quando di Massimo Ranieri.
- Serena Brancale, Alessandra Amoroso – If I Ain’t Got You (Alicia Keys – 2004): Ottima performance vocale per entrambe, complimenti.
- Shablo con Guè, Joshua, Tormento e Neffa – Aspettando il sole (Neffa – 1996) / Amor de mi vida (Sottotono – 1999): Bella esibizione per riportare in auge due classici del rap e dell’hip hop italiano anni ’90. Nostalgici.
- Achille Lauro, Elodie – A mano a mano (Riccardo Cocciante – 1978) / Folle città (Loredana Bertè – 1979): Confrontarsi con Mino Reitano / Riccardo Cocciante e Loredana Bertè poteva essere un azzardo, invece la loro è una delle esibizioni più sorprendenti della serata. Sana follia.
- Willie Peyote, Tiromancino e Ditonellapiaga – Un tempo piccolo (Franco Califano – 2005): Anziché cercare di rifare (male) il Califfo come Tony Effe, loro propongono invece una versione totalmente diversa dall’originale, sia come spirito che come stile. Alla fine il risultato non è male, promossi.
- Fedez, Marco Masini – Bella stronza (Marco Masini – 1995): Ogni riferimento a Angelica Montini o Chiara Ferragni realmente esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale. Fedez utilizza la melodia di Bella stronza per rappare una nuova canzone: il tutto comunque funziona. Bravi.
- Francesco Gabbani, Tricarico – Io sono Francesco (Tricarico – 2000): Tricarico completamente senza voce si limita a parlare; Gabbani si prende l’esibizione sulle spalle e la porta a casa.
- Sarah Toscano, Ofenbach – Overdrive (Ofenbach feat. Norma Jean Martine – 2023): Sarah forse non è all’altezza di Norma Jean Martine, ma ci mette tutto l’energia che ha in corpo e ci regala un’ottima performance.
- Gaia, Toquinho – La voglia, la pazzia (Ornella Vanoni – 1976): Gaia non è per niente male, ma deve farne ancora di strada per raggiungere la classe della Vanoni. Toquinho è una leggenda vivente, straordinario.
- The Kolors, Sal Da Vinci – Rossetto e caffè (Sal Da Vinci – 2024): posso dire che con il tocco e l’energia di The Kolors la canzone di Sal Da Vinci funziona ancora meglio? E poi il sax alla fine aggiunge quel tocco ancora in più.


- Massimo Ranieri, Neri per Caso – Quando (Pino Daniele, 1991): Massimo Ranieri è un grandissimo della musica, ma troppo difficile ascoltare Quando senza la caratteristica voce di Pino Daniele. Bellissimo, però, l’arrangiamento dei Neri per Caso.
- Brunori Sas, Riccardo Sinigallia e Dimartino – L’anno che verrà (Lucio Dalla – 1979): Brunori è un ottimo cantautore e probabilmente potrebbe cantare benissimo De Gregori. Dalla, invece, per caratteristiche vocali, è probabilmente troppo difficile per lui e questo limite è uscito fuori in tutte le note alte, diverse delle quali sbagliate. Peccato.
- Simone Cristicchi, Amara – La cura (Franco Battiato – 1996): Cristicchi non ha la voce per cantare una canzone difficile come La cura, ma è furbo e si fa aiutare dalla compagna Amara per le note più alte. Bene, ma non benissimo.
- Modà, Francesco Renga – Angelo (Francesco Renga – 2005): dopo averla cantata numerose volte con Nek, ora Renga ci riprova con Kekko: ordinaria amministrazione.
- Joan Thiele, Frah Quintale – Che cosa c’è (Gino Paoli, 1964): Il rischio di fare danni era altissimo. Certo, l’originale era un altro pianeta, ma si poteva fare molto peggio. Sorpresa.
- Coma_Cose, Johnson Righeira – L’estate sta finendo (Righeira, 1985): L’idea iniziale non era male, ma quando entra in campo Johnson Righeira si mangia completamente i Coma_Cose, sia come presenza scenica che come voce. La sua potenza vocale copre totalmente quella della coppia, relegandola a poco più che coristi. Annientati.
- Marcella Bella, Twin Violins – L’emozione non ha voce (Adriano Celentano, 1999): Marcella Bella ha voluto omaggiare il fratello Gianni Bella, autore della canzone. L’esito, però, non è niente di che.
- Olly, Goran Bregović e la Wedding & Funeral Band – Il pescatore (Fabrizio De André – 1970): La banda di Goran Bregović fa un bellissimo arrangiamento, ma non mi ha convinto l’interpretazione allegra e gioiosa di Olly. Anche la fusione finale con la sua Menomale che c’è il mare ho trovato si sposasse male con il significato della canzone.
- Clara, Il Volo – The Sound of Silence (Simon & Garfunkel, 1965): Una canzone che celebra il suono del silenzio cantata a squarciagola con voce lirica è un po’ un controsenso. Clara riesce comunque a non sparire in mezzo a quelle voci e a farsi notare, ma non basta.
- Francesca Michielin, Rkomi – La nuova stella di Broadway (Cesare Cremonini, 2013): Rkomi avrebbe potuto funzionare, ma la canzone non è nelle corde di Francesca Michielin, nonostante l’impegno. Dimenticabilissima.
- Tony Effe, Noemi – Tutto il resto è noia (Franco Califano – 1977): Probabilmente, se Noemi avesse cantato la canzone da sola avrebbe fatto qualcosa di buono, ma Tony Effe è stato a dir poco imbarazzante, alternando parti parlate a tentativi di canto peggiori di un neomelodico napoletano alle prime armi.


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