Gli ultimi anni parrebbero decisamente un periodo significativo e proficuo per quello che riguarda i fumetti adattamento di racconti lovecraftiani o in ogni caso ispirati all’opera del sognatore di Providence. Lo dimostrerebbero non tanto opere decisamente velleitarie di autori ormai sul viale del tramonto, quanto soprattutto alcuni volumi meritori che già in passato ho recensito nel presente blog, ad esempio qui e qui. Con l’opera che andiamo ad esaminare in questa sede un nuovo importante tassello si aggiunge al fumetto lovecraftiano e si aggiunge di nuovo in modo decisamente più che soddisfacente.
L’antologia, uscita in origine in Olanda nel 2010 con il titolo H.P. Lovecraft – Het Onzienbare en Andere Verhalen per i tipi di Oog & Blik in Amsterdam, raggiunge finalmente i lidi italici grazie all’edizione dell’Associazione Culturale Eris di Torino, tradotta come H.P. Lovecraft – Da Altrove e altri racconti. L’autore è Erik Kriek, fumettista famoso soprattutto nei Paesi Bassi per le sue serie Gutsman, il cui protagonista è un antieroe che vive singolari avventure mute, e Tigra, le vicende di una casalinga in costume da tigre. Serie decisamente sul tono del grottesco e completamente differenti da ciò che ci viene presentato qui.
Il volume si presenta pregevole fin dalla veste grafica, che replica quella originale fin dall’eccellente e suggestiva copertina, e dalla scelta della carta, pesante e lievemente virata sull’avorio, che ben rende l’esecuzione da parte dell’artista.
Ma venendo un po’ più nel merito circa i contenuti, il libro costituisce un florilegio di versioni fumettistiche di testi di H.P.L., alcuni più famosi, altri un po’ meno importanti, ma tutti sicuramente degni di nota. Esaminiamoli un po’ più nel dettaglio.
L’opera si apre con un racconto ormai canonico nell’antologizzazione lovecraftiana, L’Estraneo, per quanto esso appartenga alla prima fase della produzione del narratore, prosegue con il classicissimo Il colore venuto dallo spazio, si inoltra nelle malate atmosfere marine di Dagon per continuare con un testo minore, ma decisamente importante per la fortuna parallela che ha avuto (cinematografica e non solo) come Da Altrove e per concludersi, infine, con il capolavoro assoluto La maschera di Innsmouth. Di tali racconti tre sono sviluppati con una certa estensione di pagine (il secondo, il quarto e il quinto), mentre altri due sono decisamente più brevi (il primo ed il terzo).
Dal punto di vista narrativo la versione fumettistica scorre decisamente liscia, comprensibile ed efficace nell’estrema maggioranza dei casi. Anche i racconti più brevi che avrebbero potuto correre il rischio di apparire sacrificati riescono a reggere molto bene o quantomeno sufficientemente. Il primo è il caso de L’Estraneo ove la scelta di chiudere con l’effetto sorpresa senza parole, in modo ancora più secco e tagliente e “cinematografico” che nell’originale ha una notevolissima efficacia. Il secondo è il caso di Dagon ove, nonostante alcuni passaggi paiano invece decisamente involuti, non ultima la conclusione, la realizzazione complessiva funziona tutto sommato bene. Molto più agio manifestano invece i racconti più lunghi, nei quali le rispettive vicende hanno il tempo di dipanarsi a dovere, fatti salvi alcuni punti di sutura, alcune variazioni o alcune piccole sintesi inevitabili in un adattamento e che comunque non mutano complessivamente il valore ed il significato comunicativo delle opere.
Passando al punto di vista grafico, invece, Kriek – che, come dicevo poc’anzi, è ancora relativamente poco noto in Italia – manifesta un’eccellente mano sia per quello che riguarda l’impianto narrativo, sia per quello che riguarda la singolare rappresentazione fantastica dei mostri lovecraftiani. Utilizzando un lucido e sapiente bianco e nero, una dosatissima scala di grigi, riesce nell’impresa di rendere al meglio elementi decisamente astrusi quale la natura dell’alieno ed indicibile colore venuto dallo spazio, le abnormi modificazioni di piante, uomini ed animali del medesimo racconto, le malsane atmosfere fatiscenti di Innsmouth, l’orrida pianura colma di fanghiglia ove si risveglia Dagon, i gotici e cupissimi recessi del mondo sotterraneo dell’Estraneo e quant’altro troviamo nei racconti in esame.
Il tutto con una voluta e consapevole adesione al modello grafico principe dell’orrore americano, quei magazines di storie brevi nei quali hanno transitato tutti i più grandi maestri del soprannaturale in forma fumettistica e non ultimo proprio lo stesso Lovecraft, almeno in varie occasioni. Una scelta che conduce direttamente nei territori del pulp, per quanto del pulp di qualità, poichè sui magazines di cui sopra hanno comunque lavorato tutti i migliori disegnatori del comicdom americano (e non solo, anche inglese, spagnolo, argentino).
Un modello grafico che, però, non è pedissequo né univoco, ma reca anche notevolmente i segni della modernità e dell’autorialità. Il taglio cinematografico delle vignette, la frequentissima variazione dei punti di vista, il tono pittorico di numerose di esse, la volontà molto spesso di prescindere dal testo, i giochi di luce ed ombre suggestivi non ci parlano solo di E.C. Comics ma collocano decisamente il libro nell’attualità dell’arte fumettistica del XXI secolo. Tanto più che se Kriek dimostra di essere un autore capace e a tutto tondo non dimentica anche gli altri suoi modelli e maestri: sotto tutto codesto velame il racconto più lungo e impegnativo, La maschera di Innsmouth non prescinde nemmeno da quella che è forse l’altra versione fumettistica fondamentale precedente che segna indelebilmente quantomeno questo racconto fra i cinque e, cioè, quella di Alberto Breccia. Diverse come il giorno e la notte, tuttavia la versione di Kriek tiene sicuramente conto di quella di Breccia, alla quale secondo chi scrive rimanda in controluce in ben più di un’occasione.
Un’ennesima opera questa di Erik Kriek, dunque, che è insieme omaggio ed eredità nei confronti di Lovecraft e che soprattutto è decisamente valida ed efficace nei risultati. Un notevole trampolino di lancio per l’artista che infatti sta venendo pubblicato anche in altri paesi europei come la Francia e che lascia ben sperare non solo in un ampliamento geografico della diffusione delle sue opere ma anche, perchè no?, in una sua prosecuzione sullo stesso tenore. Se non di Lovecraft almeno di altri maestri del terrore, campo nel quale ha dimostrato qui di essere davvero decisamente a suo agio.