Intervista al fumettista Sergio Gerasi

Come saprete, collaboro da qualche anno con la fanzine Dylandogofili, intervistando di volta in volta l’autore della copertina. Questa volta è toccato al bravissimo Sergio Gerasi, una delle migliori matite in forza all’Indagatore dell’Incubo. Ecco la versione integrale dell’intervista già pubblicata, in versione ridotta, su Dylandogofili #10.

Iniziamo dall’inizio. Pensando ai tuoi esordi mi piacerebbe che ci raccontassi tre momenti in particolare: Quando hai iniziato a interessarti di fumetti, quando hai iniziato a disegnarli e quando hai capito che questa passione sarebbe potuta diventare il tuo lavoro.

I primi fumetti letti son stati quelli dell’infanzia e cioè Topolino, Lupo Alberto e Cattivik. Il salto a letture più adulte avvenne con una enorme collezione di Zagor recuperata durante una vacanza estiva particolarmente fortunata, ma non ricordo da dove venisse. So solo che in un solo mese, a luglio, lessi tre scatoloni pieni di Zagor. Il disegno ha da sempre accompagnato la mia vita, non ricordo un solo momento di me in cui non disegnassi. Ho miei fumetti dell’inizio degli anni ‘80 per cui la risposta alla seconda parte della tua domanda è: da sempre. Ho poi realizzato che questa passione per il disegno e il fumetto poteva diventare un vero lavoro, banalmente, a 16 anni fa quando pubblicai il mio primo Lazarus Ledd a poco più di vent’anni.

Ecco, raccontaci un po’ del tuo periodo su Lazarus Ledd. Com’era lavorare con Ade Capone?

Lavorare con Ade è stata una palestra fondamentale, un allenamento che mi ha permesso di tener duro dopo la chiusura di Lazarus Ledd e poter affrontare con leggerezza qualsiasi altro lavoro futuro, proprio perché il lavoro con Ade era duro sotto tutti i punti di vista: dai tempi realizzativi strettissimi, dalla tensione di non poter sbagliare mai, fino alla mancanza di orari in cui poteva chiamarti per le correzioni. Notte compresa. La difficoltà più grande è stata, durante i primi anni di professionismo, portare avanti sia il lavoro su Lazarus sia lo studio all’Università, che son riuscito a finire e laurearmi. Chiamatemi Dottore, grazie. (Indirizzo Architettura, corso di Laurea in Disegno Industriale… il famigerato Design che tanto va di moda oggi).

Negli anni successivi hai lavorato su molte serie differenti: Jonathan Steele, Nemrod, Cornelio, John Doe, L’Insonne, Trigger, San Michele, Valter Buio, Agenzia Incantesimi, Harry Moon, Rourke… Come è stato “saltellare” da una serie/ambientazione all’altra, rispetto alla continuità di Lazarus Ledd?

In quegli anni lavorare su così tante e diverse testate fu per me l’unico modo di poter continuare a fare il fumettista. Devo confessarti che dopo anni di duro, durissimo lavoro su Lazarus, poter continuare a cambiare personaggi e ambientazione mi dava grandi stimoli. Da un altro punto di vista invece avere la possibilità di rimanere fissi su un personaggio permette sicuramente di farlo proprio, cosa molto importante nel momento in cui si cerca un racconto forte anche solo con i disegni.

Avendone l’occasione, ti piacerebbe tornare a disegnare qualcuna di queste serie?

Mah io ridisegnerei sempre tutto, anche l’ultimissimo albo pubblicato di Dylan, non sono mai soddisfatto a pieno ma penso sia anche l’unico modo per evolversi. Ricordo con molto affetto Valter Buio perché con Alessandro ci abbiamo lavorato molto intensamente e credo sia stato il vero mio trampolino per arrivare a Dylan Dog. La gente lo ricorda ancora e alle fiere lo richiedono spesso ecco perché a breve la Star Comics lo ristamperà in volumi di grande formato. Ti rivelo anche questa cosa: qualche tempo fa con Ade e altri disegnatori di Lazarus avevamo programmato l’ultimissima avventura di Lazarus Ledd, per chiudere davvero il suo arco narrativo, ma il destino ci è stato avverso. Ecco per quell’albo ho effettivamente qualche rimpianto.

Alla carriera di fumettista alterni anche altri lavori: illustratore per libri per bambini, storyboard artist per videoclip e cortometraggi, illustratore per trasmissioni di successo quali Servizio pubblico, Mistero e Il bivio. Ci puoi raccontare qualcosa di più su questi altri lavori?

Dal mio punto di vista rientrano a pieno nel mio lavoro di illustratore, artista o disegnatore, chiamalo come vuoi. Vengo contattato molto spesso per lavori che esulano dalla mia quotidiana produzione fumettistica, poi alcuni vanno in porto, altri no, come è normale che sia. Penso di poterti rivelare in super anteprima che disegnerò la sigla della nuova stagione di Hell’s Kitchen su Sky, sto terminando i disegni in questi giorni.

Tra il 2009 e il 2010 pubblici per ReNoir due graphic novel che con la musica c’entrano parecchio: G&G, su Giorgio Gaber, e Le Tragifavole. Puoi ricordare di cosa si tratta e come sono nati questi progetti?

G&G, da poco ripubblicato da Beccogiallo, è un romanzo (grafico) di formazione che attraverso le parole del teatro canzone di Gaber racconta una storia “gaberiana” inedita, inizialmente ideata (a grandi linee) da me ma poi scritta e rielaborata in totale autonomia da Davide Barzi. Le Tragifavole sono state un esperimento di racconto, vagamente metafumettistico, che raccoglieva tante storie, sia disegnate che musicate, legate da un sottile filo rosso narrativo. Un disco disegnato e un fumetto suonato, diciamo così.

Nel 2011 il debutto in Bonelli su Dylan Dog. Come sei entrato nello staff?

Con alcuni redattori della Bonelli ci conoscevamo da tempo, anche se io lavoravo per la concorrenza. Dati i tempi allucinanti della mia produzione di quegli anni, non riuscivo mai a trovare il tempo di fermarmi e fare delle serie prove da sottoporre alla Sergio Bonelli Editore. Dopo Valter Buio, che in Bonelli fu molto apprezzato, pensai che era arrivato il momento giusto, mi congedai dalla Star Comics (rimanendo in ottimi rapporti con tutti, naturalmente) e iniziai a fare prove. Queste mie tavole arrivarono alla redazione di Dylan e furono apprezzate, per cui partii subito con la mia prima storia di Dylan Dog.

Dylan Dog era un fumetto che leggevi anche prima di lavorarci?

Dylan Dog era il fumetto che da ragazzino sognavo di disegnare, il fumetto che fece scattare quella molla per cui se prima hai solo una gran passione, dopo, i fumetti li vorrai fare per tutta la vita, li vorrai far diventare il tuo lavoro. Di Dylan mi catturò banalmente il fatto che non avevo mai letto una cosa del genere prima. Faceva paura, faceva piangere, ridere (anche tanto)… insomma ogni mese era un’emozione forte correre in edicola a comprarlo.

Per creare la tua caratterizzazione di Dylan, da dove sei partito?

Inizialmente son partito da Rupert Everett ma non veniva Dylan, veniva Rupert Everett. Non funzionava. Il Dylan dei miei colleghi è sempre stato molto personale, non riuscivo ad appoggiarmi ad altre caratterizzazioni. È stato un lavoro difficile, forse ancora nel primo albo non era un vero Dylan (anche se in redazione piacque molto), poi piano piano è venuto fuori, penso e spero, un Dylan alla Gerasi. Era quello che cercavo.

La tua prima storia, L’assassino della porta accanto su sceneggiatura Fabrizio Accattino, lo considero uno dei migliori Dylan Dog di quel periodo. Anche grazie alle splendide tavole in mezzatinta. Come è stato lavorare con Accattino?

Accatino non lo conoscevo quando mi diedero in mano la sceneggiatura. Appena iniziai a leggerla capii quanto Fabrizio fosse professionale, preciso e soprattutto quanto avesse chiaro nella testa quello che poi andava a descrivermi con le parole. Insomma l’ho voluto conoscere di proposito solo dopo l’uscita dell’albo, proprio perché la sua storia era sceneggiata talmente bene che non ci fu per me un attimo di esitazione o necessità di parlargli per avere chiarimenti. La mezzatinta poi è stato un mio slancio. Lo ammetto: è una mia fissazione. Adoro lavorare con i grigi acquerellati, ogni volta che inizio una storia nuova chiedo se posso farla tutta a mezzatinta.

Nel tuo albo successivo, Gli spiriti custodi con sceneggiatura di Luigi Mignacco, mi sembra che tu abbia cambiato un po’ caratterizzazione e stile. Sbaglio? E cosa ci puoi dire su Luigi Mignacco?

A onor del vero non ho mai fatto tre albi di fila con lo stesso stile, per cui questa cosa continua anche su Dylan. Gli spiriti custodi è la mia terza storia, ad oggi ne ho realizzate cinque. La prossima sarà pubblicata nel mese di agosto e seguirà lo stile a pennello secco sperimentato per la prima volta nell’albo di cui parlavi. Dopodiché, con questo stile, ci sarà un solo altro albo: ad oggi sto iniziando un nuovo Dylan con uno stile ancora differente. Di Luigi Mignacco che vi posso dire: è un pilastro del fumetto popolare italiano e della SBE, oltretutto è simpaticissimo, alle cene è uno spasso stare seduti di fianco a lui.

Con Il principe d’inverno, pubblicato su l’Almanacco della Paura, sei tornato a lavorare con Alessandro Bilotta…

Per la verità con Alessandro stiamo lavorando anche su due progetti differenti, ma non posso ancora dirti quali.

Hai altre storie in cantiere o addirittura già pronte per la pubblicazione? Ci puoi anticipare qualcosa?

Sì, due Dylan Dog son già pronti. Uno, su testi di Paola Barbato, verrà pubblicato in agosto. Il secondo, su testi di Gigi Simeoni, l’ho appena terminato, non so quando verrà pubblicato.

Avendo carta libera sul soggetto della prossima storia di Dylan Dog, cosa vorresti disegnare?

A me piacerebbe una storia d’amore. Con qualche zombie, magari.

Per la Bonelli però non hai lavorato solo su Dylan, ma anche per Le Storie, realizzando L’ultima trincea su testi di Giovanni Gualdoni. Come è nato questo progetto? Che tipo di fonti hai utilizzato come documentazione per questo volume?

Recuperare la documentazione di quell’albo è stato molto difficile (qualcosa lo avevo anche sbagliato, tant’è che ci son state modifiche da apportare, lo ammetto). Il progetto nacque nel più banale dei modi: a pranzo con Gualdoni mi chiede se avessi voglia di disegnare una sua sceneggiatura già pronta per la collana Le Storie e io risposi “Certo! Però la faccio tutta a mezzatinta.”

Attualmente a cosa stai lavorando?

Sto lavorando a un mio nuovo libro per Bao Publishing che uscirà l’anno prossimo, e a quei due progetti con Bilotta di cui ti dicevo sopra.

Published By: Marco Frassinelli

Nonostante il suo lavoro di tutti i giorni sia legato alla telefonia e all'energia (www.grupporestart.it), Marco Frassinelli si occupa da anni di arte, cultura e intrattenimento, sia come blogger che come organizzatore di eventi. Ha collaborato all'organizzazione di decine di manifestazioni: Albissola Comics, Asylum Fantastic Fest, Video Festival Città di Imperia, Festival di Folklore e Cultura Horror AutunnoNero, Mostriamo il Cinema, Albenga Dreams, Fiera del Libro di Imperia... È direttore di Proxima no-profit, vice presidente del Cineforum Imperia e membro del consiglio direttivo di Ludo Ergo Sum - Tana dei Goblin Imperia e Comics & Art. Ha lavorato come blogger per Blogosfere (PianetaFumetto) e ha pubblicato su diverse riviste (L'Eco della Riviera, Tenebre", Fumo di China, Dylandogofili). Ha curato per Proxima l'editing dei libri "Sina. Je m'en fiche!" e "Io alla finestra della vita" ed è co-autore dei libri "Gibba e 'Lele' Luzzati" sul cinema d'animazione e "Sei nel West, Amigo!" sul cinema spaghetti western. È autore di articoli pubblicati su "Novissimo Zibaldino del Festival” (Mellophonium) e "L'arte del doppiaggio” (Felici Editori) e di fotografie pubblicate sul fotolibro “Gallieno Ferri – Photobook” (Forum ZTN). Ama viaggiare (è coordinatore Avventure nel mondo) e creare fotolibri dei suoi viaggi. Nel 2013 crea il sito ilblogger.it dove scrive principalmente di cinema e fumetti.

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