Morte, Amore e Tempo: sono questi tre concetti che ci spingono a vivere e a compiere, consapevolmente o inconsapevolmente, tutte le scelte della nostra vita? Come diventerebbe la nostra vita se riversassimo tutto il nostro odio e il nostro dolore contro la Morte, l’Amore e il Tempo? Questo forse si è chiesto Allan Loeb, lo sceneggiatore del Collaretal Beauty, quando ha scritto questa pellicola.
Sinossi
Howard Inlet (Will Smith) è un pubblicitario caduto in depressione a causa della morta di sua figlia. Dopo un anno sabbatico di lutto, il suo socio e migliore amico Whit (Edward Norton) cerca di farlo tornare al lavoro, anche perché senza di lui l’azienda sta andando a rotoli. La cosa non funziona, così Whit e altri due stretti collaboratori decidono di assumere tre attori e far loro interpretare Morte, Tempo e Amore, così da far credere a Howard di essere impazzito e convincerlo a vendere la società, così da poter salvare il loro lavoro.
Collateral Beauty racconta quindi di Howard e della sua elaborazione del lutto in un passaggio tra apatia, nostalgia, tendenze suicide, fino a nuovi sentimenti di rabbia ed empatia. Nel frattempo, però, si esaminano i problemi dei suoi tre collaboratori/amici, interpretati da Edward Norton, Kate Winslet e Michael Peña, alle prese anche loro con problemi di Amore, Tempo e Morte.
Il film è ben girato e ben recitato. In particolare ho apprezzato molto le interpretazioni di Will Smith, che già ai tempi di Sette anime aveva dimostrato di poter affrontare ruoli simili, Naomie Harris (la Moneypenny di Skyfall e Spectre) e Michael Peña (Leoni per agnelli). Bene anche Helen Mirren, come sempre, e non malaccio neanche Keira Knightley. Edward Norton e Kate Winslet, invece, fanno sì “il loro” e senza sbavature, ma senza mettere quel qualcosa in più che ci si aspetterebbe da attori del loro livello.
Buona sceneggiatura di Allan Loeb, autore di film quali 21, Mia moglie per finta, Due cuori e una provetta e Wall Street – Il denaro non dorme mai. Regia di David Frankel: vincitore di un premio Oscar nel 1997 con il cortometraggio Dear Diary, David Frankel affronta quasi per la prima volta il drammatico puro dopo aver diretto principalmente film dove aspetti drammatici si mischiava sempre il lato un po’ più comico, come Il diavolo veste Prada, Io & Marley (beh, anche in questo caso bisognava andar al cinema muniti di fazzolettini di carta), Un anno da leoni e Il matrimonio che vorrei.
Unica nota stonata (che capirà solo chi ha visto il film): voglio un “contenuto speciale” nel DVD che mi spieghi come abbiano potuto cancellare Morte dalla ripresa fatta, con un telefonino, nella metropolitana. Ok Tempo, ancora ancora Amore, ma Morte me lo devono proprio spiegare! Anche la storia della “Bellezza collaterale”, talmente importante – parrebbe – da dare perfino il titolo al film, non è molto chiara e non ben amalgamata con il resto della storia.
Comunque il film, tolta qualche forzatura (vedi qui sopra), alla fine funziona. Forse grazie a quel sapore natalizio-dickensiano alla S.O.S. fantasmi e La vita è meravigliosa.