Il magazine Dylandogofili è senza dubbio, per cura e qualità, una della migliori fanzine in Italia. Come si intuisce facilmente dal titolo, la rivista è dedicata all’indagatore dell’incubo e contiene interviste, recensioni, articoli e fumetti inediti. Se siete appassionati di Dylan Dog non potete proprio farvela sfuggire! Per riceverne una copia andate sul sito www.dylandogofili.com dove potrete trovare tutte le informazioni del caso.
Da un paio di anni collaboro anche io con la fanzine, intervistando ogni volta un diverso autore di Dylandog. Per il numero 6 avevo intervistato Lola Airaghi, la cui intervista in versione integrale potete trovare qui sul blog, mentre per questo numero 7, distribuito lo scorso dicembre, ho intervista Simona Denna.
Disegnatrice per la Sergio Bonelli Editore su Nathan Never e Greystorm, Simona Denna ha debuttato come disegnatrice di Dylan Dog sul Color Fest numero 6 intitolato Femme Fatales. Nell’intervista, che ora vi propongo in versione integrale (sulla fanzine ci siamo concentrati principalmente sulla sua esperienza su Dylan), si parla sia di DYD che dei suoi lavori precedenti.
Come è nata la tua passione per il disegno e quando hai realizzato che per te poteva non essere solo un hobby ma proprio il tuo lavoro?
Mia mamma racconta che già da quando ero piccolina la maestra le diceva che avevo sempre la matita in mano e che disegnavo tutto quello che vedevo. Crescendo incominciai a copiare i cartoni animati e a creare storie di mia fantasia. Insomma, disegnavo sempre e allora che cosa altro avrei potuto fare nella vita?
Per la tua formazione professionale so che hai frequentato una scuola del fumetto. Qual è il tuo ricordo più vivo di quegli anni?
Della scuola ricordo le notti passate a finire gli esercizi con pennino e pennello o i disegni che ci venivano assegnati, erano davvero tanti, solo dopo ho capito il perché di tanti compiti. Questo è un mestiere che spesso ti porta a lavorare di notte, quando tutti dormono, senza interruzioni e distrazioni o semplicemente perché, e questo capita spesso, molti pretendono un lavoro in pochissimo tempo!!
A parte i docenti della scuola, chi sono stati i tuoi maestri o comunque gli artisti che ti hanno influenzata di più?
Sono tanti i disegnatori che mi hanno appassionato, però voglio ricordare Bernet che mi ha incantata col suo stile e divertita con le sue storie e Casini che mi ha stupito per le sue inquadrature cinematografiche e i suoi neri dati a regola d’arte.
La notorietà è arrivata con la serie Legs Weaver, ma per Bonelli avevi già lavorato su Zona X. Come è nata questa collaborazione?
Semplicemente portando – come fanno tutti – i mie lavori in redazione. Il mio primo lavoro però è stato Demon Hunter, eravamo tutti ragazzi appena usciti dalla scuola del fumetto… bella esperienza.
E nello specifico su Legs: come sei entrata nello staff?
Portai il mio book al mitico Antonio Serra che mi diede tre tavole di prova, oltretutto so che ancora oggi sono le pagine di sceneggiatura che vengono date agli aspiranti disegnatori. Ovviamente feci diversi tentativi fino a che…
Tra Legs e Nathan Never è da molti anni che lavori su serie di fantascienza. È solo per lavoro che ti sei avvicinata a questo genere o ti interessavi di fantascienza anche prima?
Eh sì, sono davvero tanti anni. All’inizio la fantascienza è stata una scoperta per me. Da un lato è stato un bene perché non avevo troppe influenze di stile, dall’altra parte ho dovuto documentarmi parecchio.
Dove trovi ispirazione per la creazione delle ambientazioni spaziali dei tuoi fumetti?
Dei veri maestri in questo campo sono i giapponesi ma l’ispirazione creativa può nascere da una immagine non necessariamente fantastica, o da un film. Sta poi alla nostra fantasia creare qualcosa di nuovo.
Cosa ne pensi di Legs come personaggio? Cosa la differenziava di più dalle altre serie bonelliane e quindi cosa è venuto a mancare con la chiusura della serie?
Credo di non sbagliarmi nel dire che Legs è stato il primo personaggio femminile protagonista di una serie Bonelliana, un vero evento!! Una figura ironica, forte e combattiva e con un lato privato e un passato poco raccontato.
Nel tuo lavoro su Legs hai lavorato principalmente con quattro sceneggiatori Bepi Vigna, Antonio Serra, Angelica Tintori e Stefano Piani. Sarei curioso di avere un commento o un aneddoto su ciascuno di loro per capire le differenze di approccio di differenti sceneggiatori sulla medesima serie.
Raccontare degli aneddoti per ognuno sarebbe troppo lunga ma ti dirò, con Antonio Serra ho avuto modo di lavorare tanto e di confrontarmi anche su lavori che non lo riguardavano. Capo e amico presente mi ha insegnato e fatto crescere tanto, non posso che ringraziarlo. Con lui ricordo scene memorabili a recitare scazzottate, dialoghi di sceneggiatura per capirne meglio la dinamica, con le colleghe spettatrici che morivano dal ridere o lo sparare con armi ovviamente finte nei corridoi della Bonelli per imparare a tenere una pistola o un fucilone. Con Bepi e Mirko Perniola ho avuto poche occasioni di confrontarmi. Di Stefano Piani ricordo la bontà di Angelica Tintori le sceneggiature piene zeppe di dettagli. Stefano Vietti mi ha sempre detto “sei troppo logica, non a tutto devi avere una spiegazione o trovare un perché!!!“… ha perfettamente ragione. Alberto Ostini ha una grande sensibilità, spesso mi sono commossa leggendo le sue sceneggiature, cosa che è successa anche con Riccardo Secchi con cui mi sono sentita subito in sintonia.
Nel tuo passaggio su Nathan Never hai iniziato a collaborare con Silvia Corbetta tanto da co-firmare un paio di albi. Come è nata questa collaborazione? Come vi dividete il lavoro?
Ho lavorato con Silvia e Francesca Palomba, con loro ho realizzato Nathan, Greystorm e con Francesca anche Legs. In entrambe le collaborazioni io realizzavo le matite e loro le chinavano. È stato strano e divertente vedere i miei disegni ripassati in un altro stile. Ogni volta era una sorpresa e in più mi ha arricchito tantissimo, perciò ringrazio Antonio Serra che mi propose queste unioni lavorative. MI fa piacere ricordare la mini serie Greystorm, nata dalla fervida e geniale mente di Serra, ogni volta che me ne parlava coi suoi dubbi e ripensamenti, mi coinvolgeva sempre di più . Aver fatto parte del progetto fin dall’inizio è stato fantastico, Greystorm è stato il personaggio più intrigante e affascinante da disegnare, mi sono innamorata di lui subito, indubbiamente il periodo lavorativo più bello!
Nel maggio 2011 hai debuttato anche come disegnatrice di Dylan Dog per il Color Fest 11: Femmes Fatales. Come sei stata coinvolta?
Mi chiamò il curatore di allora di Dylan Dog, Giovanni Gualdoni spiegandomi il progetto. Ne fui subito entusiasta ma anche intimorita nel trovarmi faccia faccia con l’indagatore dell’incubo.
Come è stato disegnare uno dei personaggi più famosi e iconici del fumetto italiano?
All’inizio ero intimorita e un po’ in soggezione, ma contenta di aver avuto la possibilità di disegnare uno dei personaggi che più ho amato in adolescenza.
Cosa ne pensi di una operazione come quella di un Dylan Dog disegnato da sole donne?
Una simpatica idea da ripetere magari entrando di più nella sfera femminile.
Sono passati quasi trent’anni dalla nascita di Dylan Dog e ancora riscuote molto successo tanto che pure Hollywood ne ha fatto un film non tanto tempo fa. Nessuna serie italiana successiva a Dylan è più riuscita a superare come lui i confini degli appassionati di fumetto e diventare popolare. Secondo te quale è stato il segreto del suo successo?
La sua normalità, un uomo fragile che non nasconde la paura nell’affrontare la vita, e i suoi incubi, che poi sono anche i nostri. È bello, sempre in cerca dell’amore, quello vero però! Gentile e rispettoso nei confronti delle donne e visto le notizie da vero incubo che si sentono ogni giorno non è poco! Se poi aggiungiamo una spalla comica come Groucho, l’horror e la suspense, il successo è garantito… almeno per me!
Per creare la tua sintesi grafica del personaggio da cosa sei partita? È stato difficile trovare un Dylan che fosse tuo e nel tempo stesso fosse sempre Dylan?
Giovanni mi diede delle dritte con dei disegnatori di riferimento: le ho seguite fino ad un certo punto perché non sempre mi ritrovavo. Ho cercato di cogliere tutte le sue caratteristiche, dai capelli, al naso, agli zigomi… La cosa bella e che non si deve impazzire per trovare abiti sempre nuovi per vestirlo!
La tua storia è stata poi colorata da Chiara Fabbri Colabich. Come avete collaborato? Le hai lasciato molta libertà o hai avete deciso assieme palette, atmosfera, colori…
Chiara è stata davvero brava a colorare quella storia non facile. Le ho lasciato piena libertà di esprimersi e lei è riuscita a trovare soluzioni cromatiche particolari per raccontare ulteriormente la storia. Inoltre è una ragazza davvero simpatica!
Hai in programma di tornare a confrontarti con l’indagatore dell’incubo?
Per ora sono nello staff di Nathan Never, in futuro chissà, mai dire mai… comunque non dipende da me!
A cosa stai lavorando attualmente? Ci puoi anticipare qualcosa sui tuoi progetti futuri?
Attualmente sono alle prese con una storia scritta da Riccardo Secchi dedicata interamente a Legs Weaver. Riccardo racconta con grande sensibilità il passato di Legs e il rapporto con i genitori con scene spesso senza dialoghi. Tutto molto bello ma anche difficile poi da rendere col disegno.