Agli ultimi David di Donatello, Renato Carpentieri si è aggiudicato il David come miglior attore protagonista, premio che va aggiungersi al Ciak d’Oro, al Globo d’Oro e al Nastro d’Argento nella medesima categoria. Il ruolo che gli ha permesso di vincere questo incredibile en plein è quello dell’avvocato Lorenzo in La tenerezza di Gianni Amelio. Vediamo di che si tratta.
Trama
Lorenzo è un avvocato in pensione che torna a casa dopo un lungo ricovero in ospedale a seguito di un infarto. Qui trascorre una vita solitaria e malinconica cercando di evitare qualsiasi rapporto con i due figli Elena e Saverio. Solo verso il nipote (figlio della figlia) sembra provare dell’affetto. Tutto questo, però, cambia quando fa la conoscenza di Michela, la nuova vicina che si è trasferita con la famiglia (marito Fabio e due bimbi) nell’appartamento di fronte. Lorenzo inizierà a frequentare i due vicini, scoprendone le fragilità e ricevendo un affetto che non trovava più nella sua vera famiglia.
Commento
Gianni Amelio, non credo che abbia bisogno di presentazioni. Porte aperte, Il ladro di bambini, Lamerica, Così ridevano, La stella che non c’è, negli anni ha realizzato grandissimi film, che lo hanno portato a riconoscimenti internazionali quali la nomination all’Oscar e il Premio Speciale della Giuria a Cannes.
Nato da genitori adolescenti e abbandonato dal padre in giovane età, si è interrogato sulla figura paterna in molti dei suoi film. E in La tenerezza, questo tema è quanto mai centrale. In Lorenzo e nel suo rapporto con i figli (“poi sono cresciuti e mi sono reso conto di non amarli più“); in Fabio e la sua incapacità di trovare un contatto con i propri bimbi (“ad un bambino cosa gli puoi dire?“); in Michela, come il regista orfana e cresciuta dalla nonna, che si interroga sul ruolo dei genitori quando i figli crescono; in Elena e il suo laconico “un padre è sempre un padre“; in Saverio e nel suo astio verso un padre che se ne è sempre fregato di loro.
Un film di sensazioni, di vuoti, di mancanze. La moglie, il padre, i figli, l’amante, la donna amata, la propria terra: la nostra vita è una ricerca di qualcosa che non abbiamo (più / mai avuto). È difficile parlare de La tenerezza senza spoilerare la trama, perché nel film, come nella vita, ci sono momenti che possono cambiare intere esistenze in un solo istante. Anche solo una chiave dimenticata a casa andando a far la spesa. O un invito a cena rifiutato. E ci sono cose che non cambieranno mai.
Un film di emozioni, dove il non detto spesso è più importante delle parole e deve trasparire dagli sguardi e dal linguaggio del corpo. Per questo la riuscita della pellicola non poteva non dipendere dalla bravura del cast. Classe 1944, Renato Carpentieri ci ha regalato una delle sue migliori interpretazioni, con questo personaggio così umano proprio per le sue imperfezioni. Un protagonista negativo, fedifrago, maleducato, ingrato, deluso, ma allo stesso tempo affascinante e sicuro di sé.
Se Carpentieri è stato acclamato ovunque, giustamente, per questa grande prova di attore, forse è stata troppo poco apprezzata dalla critica l’interpretazione di Elio Germano (solo la nomination ai David di Donatello). La parte di Germano era molto difficile, perché si muoveva in un campo minato che facilmente avrebbe potuto trasformare il personaggio in una macchietta. Invece Germano è riuscito ad evitare le insidie di un ruolo simile donando al suo personaggio una fragilità inaspettata. Non male anche Micaela Ramazzotti, mentre più da pilota automatico Giovanna Mezzogiorno.
Buona la fotografia di Luca Bigazzi e interessanti molte inquadrature. L’unico appunto forse è il didascalismo di alcune scene: Amelio avrebbe dovuto affidarsi un po’ di più alla bravura degli attori e lasciare qualche “non detto” in più. Un sguardo di Carpentieri spesso sarebbe bastato a chiudere una scena senza la necessità di dialogo (vedi la scena nel tribunale alla fine).
Curiosità
La storia è ispirata al romanzo La tentazione di essere felici di Lorenzo Marone, anche lui di Lorenzo e anche lui di professione avvocato (prima del successo letterario).