Festival di Venezia 2024: il resoconto completo

Festival di Venezia 2024

La 81^ Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica – Biennale di Venezia si è appena conclusa e fioccano i bilanci e i giudizi sui film e ovviamente sulle decisioni della giuria. Ma alla fine, come è stato questo Festival di Venezia 2024? Ecco il resoconto completo.

Giudizio complessivo

Il mio bilancio personale dopo aver visto ben 44 film è molto positivo: tanti bei film e pochi brutti. Forse è mancato il capolavoro che mettesse tutti d’accordo come il Povere creature! di Yorgos Lanthimos dello scorso anno ma c’erano film per tutti i gusti.

I premiati al Festival di Venezia 2024

Partiamo dalle decisioni della giuria presieduta da Isabelle Huppert.

Il Leone d’oro al film di Pedro Almodóvar, La stanza accanto (The Room Next Door), con le bravissime Tilda Swinton e Julianne Moore sul diritto all’eutanasia e alla libera scelta di morire: è sicuramente un ottimo film anche se per molti non è il migliore della filmografia del regista spagnolo. Ma spesso succede così: emblematico il grande Luchino Visconti che vinse il Leone d’oro nel 1965 per Vaghe stelle dell’Orsa certamente non il suo film più famoso.

La stanza accanto
La stanza accanto

Leone d’argento all’Italia con grandi feste e complimenti a Maura Delpero per Vermiglio, racconto di una famiglia che vive i suoi drammi in un mondo antico e rurale all’epoca della seconda guerra mondiale. Si può dire che il film della Delpero – qui al suo secondo film dopo il debutto con Maternal e una carriera da documentarista – mi ha profondamente annoiato o è lesa maestà nei confronti della giuria e di un manipolo di critici nazionalisti che hanno parlato di film alla Olmi solo perché è parlato in dialetto del posto? Ma va così … e le giurie non pensano ai poveri spettatori che vanno al cinema anche per trascorrere due ore in serenità e dimenticare le difficoltà giornaliere. Ma forse lo scopo di questi film è proprio quello di far capire alla gente normale che una volta si viveva molto peggio…

Vermiglio di Maura Delpero
Vermiglio

Sulla stessa lunghezza d’onda penalizzante per lo spettatore medio è il Premio speciale della giuria al film georgiano April di Dea K’ulumbegashvili, forse il film più brutto della Mostra, un ritratto di una ginecologa che nel tempo libero aiuta giovani donne in difficoltà ad abortire illegalmente, con silenzi e vuoti cinematografici di una pesantezza insopportabile, tra mostri immaginari e immagini mostruose, senza il minimo rispetto per lo spettatore trascinato per 134 minuti nel nulla più assoluto.

April di Dea K'ulumbegashvili
April

Se questi, secondo la giuria, erano i tre film migliori il Leone d’Oro ad Almodovar è assolutamente meritato e fuori discussione. Ma non c’erano altri film meritevoli? Certamente sì.

Il mio preferito era il bellissimo e commovente film brasiliano Ainda estou aqui di Walter Salles, sulla dittatura brasiliana degli anni 70 e la terribile esperienza di una gioiosa famiglia che precipita improvvisamente nella disperazione e nella paura per l’arresto del capofamiglia. Il dramma terribile dei desaparecidos raccontato con una sapiente alternanza di momenti gioiosi e altri ovviamente dolorosi e un grande dosaggio delle emozioni. Con una straordinaria Fernanda Torres nella parte della madre combattiva e mai rassegnata a perdere il suo amato marito fino a raggiungere, dopo molti anni, con il trionfo della giustizia, la pace interiore. Quindi il possibile e meritato premio al film e/o all’attrice sono stati trasformati dalla giuria in una semplice Osella per la migliore sceneggiatura per Murilo Hauser e Heitor Lorega bravissimi a rielaborare una storia vera ma ininfluenti sulla bellezza delle immagini e sulle emozioni che il film ci regala.

Ainda estou aqui di Walter Salles
Ainda estou aqui

Leone d’Argento per la migliore regia a Brady Corbet per The Brutalist, il mastodontico film (215’ in un magnifico 70mm con intervallo regalato dallo stesso regista di 15’) sulla storia inventata di un geniale architetto ebreo-ungherese sfuggito alla deportazione nazista e che insegue il sogno americano è indubbiamente un film notevole penalizzato però dalla lunghezza eccessiva e dalla pretenziosità dell’autore, che, dopo un primo tempo eccellente, si perde in un finale affrettato e superficiale incredibile per un film così lungo – come se il montaggio di David Jancso figlio del grande cineasta ungherese Miklos Jancso non fosse riuscito a contenere la bulimia cinematografica di Corbet.

The Brutalist
The Brutalist

Vogliamo parlare delle Coppe Volpi? Se sulla vittoria di Vincent Lindon miglior attore in Jouer avec le feu – drammatico film delle sorelle Delphine e Muriel Coulin sullo scontro generazionale, educativo e politico tra un padre vedovo, operaio e ex sindacalista e un figlio trascinato a fondo dalla sua deriva estremistica – non ho grandi rilievi da fare, molto ci sarebbe da dire sul premio a Nicole Kidman, miglior attrice per Babygirl di Halina Reijn, racconto della relazione extraconiugale fra un’affermata manager e un giovane stagista. Il film ondeggia in molti momenti tra il ridicolo e l’inverosimile non raggiungendo mai una vera tensione erotica o “scandalosa” e la Kidman non va mai al di là di qualche mugolio senza alcuna eccitazione di tipo voyeuristico.

I film ignorati dalla giuria

Tra gli altri film in concorso e ignorati dalla giuria, segnalerei il francese Trois amies, commedia divertente e ironica sull’amore e sull’amicizia – un melange di Woody Allen e Eric Rohmer – firmata da Emmanuel Mouret. Molto interessante il film norvegese Love del regista Dag Johan Haugerud sulla precarietà della vita e dei rapporti amorosi etero e omosessuali.

Su quest’ultimo tema molti avrebbero gradito un riconoscimento per Queer di Luca Guadagnino, film in cui il nostro regista dimostra di saper girare benissimo ma di non essere però in grado di andare oltre alla solita triade sesso-droga-alcool senza alcun approfondimento di storia e personaggi che pur avevano come fonte primaria il racconto omonimo di William Burroughs.

Queer di Luca Guadagnino
Queer

Maria ennesima biografia di Pablo Larraín sugli ultimi anni della Callas non emerge per originalità e spessore e l’interpretazione di Angelina Jolie, che alcuni volevano premiare, soffre ovviamente dell’inevitabile playback nelle arie liriche della cantante.

Maria di Pablo Larraín
Maria

Sicuramente più originale El jockey di Luis Ortega, storia semiseria di un leggendario fantino argentino dal comportamento bizzarro e autodistruttivo alla ricerca di una propria identità. Interessante soprattutto per l’interpretazione di Nahuel Perez Biscayart e alcuni momenti alla Kaurismaki favoriti dalla presenza del suo abituale direttore della fotografia Timo Salminen.

El jockey di Luis Ortega
El jockey

Deludente invece Joker: Folie à Deux di Todd Phillips, diventato un musical ad uso e consumo di Lady Gaga che appiattisce e banalizza la storia e l’incredibile personaggio interpretato dal grande Joaquin Phoenix.

Joker: Folie à Deux
Joker: Folie à Deux

I film italiani

Per quanto riguarda gli altri italiani in concorso il migliore mi è sembrato Iddu di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza con i bravissimi Toni Servillo e Elio Germano, storia di mafia e di servizi segreti deviati ispirato alla lunga latitanza di Messina Denaro.

Iddu di Fabio Grassadonia
Iddu

Non mi ha convinto del tutto Campo di battaglia di Gianni Amelio, film lento e pesante nel suo svolgimento e sul confronto tra le due visioni opposte dei due medici protagonisti in una storia senza speranze.

Campo di battaglia di Gianni Amelio
Campo di battaglia

Sufficiente – mi aspettavo di peggio e di più volgare – Diva Futura di Giulia Louise Steigerwalt, regista rivelazione pluripremiata per Settembre, sulla vita di Riccardo Schicchi (un brillante Pietro Castellitto in un ruolo non facile) e la sua agenzia diventata famosa negli anni ottanta e novanta per le sue pornoattrici. La domanda però sorge spontanea: al di là di ogni inutile moralismo era necessario raccontare questa storia?

Diva Futura di Giulia Louise Steigerwalt
Diva Futura

La sezione Orizzonti

Nella sezione Orizzonti vittoria meritata del film rumeno Anul nou care n-a-fost (The new year that never came) di Bogdan Muresanu, radiografia impietosa di un paese alla vigilia della rivoluzione del 1989 e della caduta di Ceausescu attraverso le storie personali di sei persone comuni alle prese con lo sfacelo politico e sociale di una nazione.

Anul nou care n-a-fost di Bogdan Muresanu
Anul nou care n-a-fost

Interessante sempre nella sezione Orizzonti Familia di Francesco Costabile, ispirato alla storia vera di un ragazzo che uccide un padre violento e ossessionato dalla gelosia verso la moglie – premio per la miglior interpretazione maschile al giovane e bravissimo Francesco Gheghi.

Familia di Francesco Costabile
Familia

Molto bello anche il film Aicha del regista tunisino Mehdi Barsaoui, ignorato dalla giuria, sulla rinascita di una giovane donna che si finge morta per ricominciare una nuova vita – ritratto impietoso e inquietante di una società maschilista e oppressiva con una polizia corrotta e incapace.

Aicha di Mehdi Barsaoui
Aicha

Tra le cose migliori viste alla Mostra quest’anno non possiamo non parlare di due magnifiche serie TV: Disclaimer di Alfonso Cuaron, sette episodi con una strepitosa Cate Blanchett coinvolta in un passato torbido che rischia di fare naufragare una brillante carriera di giornalista e una famiglia apparentemente felice e Los años nuevos di Rodrigo Sorogoyen, dieci episodi che raccontano la storia di una giovane coppia che viene ritratta dal loro primo incontro e per i successivi nove anni sempre durante i festeggiamenti dell’anno nuovo.

Fuori concorso

Nel fuori concorso, non si può non segnalare Broken rage del grande Takeshi Kitano, film in due parti ma di soli 62 minuti (speriamo che lo veda anche Brady Corbet…) che racconta le avventure di un sicario, ovviamente lo stesso Kitano, alle prese con la mafia giapponese e la polizia, in due versioni: la prima violenta e sanguinaria e la seconda comica e dissacrante. Entusiasmo e risate in sala. Geniale!!

Broken Rage
Broken Rage

Da vedere anche il film autobiografico di Francesca Comencini Il tempo che ci vuole sul rapporto personale con il famoso padre, autore del Pinocchio televisivo e di tanti grandi film.

Interessante anche il film documentario One to One: John & Yoko di Kevin MacDonald che analizza il mondo musicale, personale, artistico, sociale e politico di John Lennon e Yoko Ono sullo sfondo di un’epoca turbolenta della storia americana e che ci fa ancora una volta rimpiangere la mancanza, in questi anni bui e drammatici, del grande autore di Imagine.

One to One: John & Yoko di Kevin MacDonald
One to One: John & Yoko